In origine gli appartenenti alla Contrada della Tartuca si riunivano nella Chiesa di S. Ansano, proprietà dell’Opera della Metropolitana, per eleggere il Priore ed il Consiglio e per nominare il Capitano e l’Alfiere che guidavano la Contrada nelle manifestazioni ludiche, sotto l’emblema di una tartaruga ed i colori giallo e nero. In lite con il Rettore dell’Opera, nella seconda metà del Seicento, i tartuchini comprarono una casa situata a metà di Via delle Murella (oggi Via Tommaso Pendola), dove aveva abitato la mistica senese Caterina Vannini, e vi costruirono il loro Oratorio dedicandolo a Sant’Antonio di Padova.
La prima pietra per la costruzione dell’Oratorio fu posta il 27 giugno 1682 ed i lavori terminarono nel 1685. Nel giugno 1686 vi fu celebrata la prima Festa Titolare.
Raro esempio di edificio barocco in Siena, l’oratorio è stato definito da Enzo Carli, “il più completo e significativo esempio di chiesa contradaiola”, non solo perché fondata e costruita interamente dalla Contrada, ma perché quasi tutti coloro che parteciparono ai lavori, sia di costruzione che di decorazione, furono abitanti del rione, a partire da Niccolò Franchini, il progettista che della Tartuca fu anche Priore ed il suo figlio architetto Jacomo. Abitanti del rione furono anche scultori, stuccatori, intagliatori e muratori che prestarono gratuitamente la loro opera. Giovanni Antonio Mazzuoli realizzò il bell’altare maggiore in altorilievo a stucco con la statua di Sant’Antonio, mentre Annibale Mazzuoli e Giuseppe Nicola Nasini affrescarono la volta e dipinsero le tele delle pareti e degli altari laterali.
Nella prima metà dell’Ottocento, l’Oratorio si arricchì di altre pregevoli opere. Nel 1818 venne costruito il coro per l’organo settecentesco donato dalle Monache di Castelvecchio e Vincenzo Dei ridipinse la cupola restaurata. Antonio Manetti e Angelo Barbetti realizzarono l’intaglio ligneo dorato del paliotto dell’altare maggiore che narra la vita del Santo e lo stesso Barbetti scolpì la preziosa edicola che ospita la Maria Mater Gratiae con bambino (1835).
[vazz_panel]Tra il 1819 e il 1831 il Bandini fece costruire l’arredo ligneo di corredo all’altare maggiore, denominato “Ammaio delle Quarant’ore”, con lo scopo di arricchire la scenografia dell’Oratorio in occasione del rito religioso. L’imponente manufatto, raro ed integro, composto da angeli dorati e nuvole argentate a contorno della maestosa e raggiata Residenza del SS. Sacramento, è oggi esposto in uno spazio apposito del Museo. [/vazz_panel]
Alla fine del secolo XIX Leopoldo Maccari istoriò il graffito in marmo del pavimento che raffigura un miracolo di Sant’Antonio su disegno dell’architetto tartuchino Arturo Viligiardi, il quale recuperò anche gli stucchi policromi delle pareti e delle colonne.
L’Oratorio è stato luogo delle adunanze dei tartuchini fino a quando dalla sua cripta venne ricavata l’attuale “Sale delle Assemblee” (1961).
All’Oratorio è annesso il Museo degli Arredi Sacri: in questa sezione, inaugurata nel 2008, sono conservati oggetti dei secoli XVII, XVIII e XIX come paramenti, paliotti, paci, calici, reliquiari e altri oggetti per gli uffici religiosi, insieme ad alcuni sonetti stampati in occasione delle Feste Titolari. Di particolare importanza alcune pianete finemente ricamate, una Croce reliquiario del 1624, un Ostensorio del 1747 e l’Urna di S. Concordia realizzata da Agostino Fondi nel 1711.
Al piano inferiore si possono ammirare importanti manufatti di scuola senese: alcune antiche mute d’altare, due angeli in legno dorato e dipinto, già dono dei tartuchini alla chiesa di S. Ansano (1620) e i festoni lignei opera di Antonio Vignali (1699) per addobbare l’ingresso dell’ Oratorio. In un apposito spazio sono inoltre conservati gli oggetti appartenuti a Caterina Vannini.
L’originaria Sacrestia dell’Oratorio ospitò, nel 1825, le lezioni di Padre Tommaso Pendola ai ragazzi sordomuti, prima della fondazione del suo omonimo e celebre Istituto.
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